QUANDO IL VESPA CLUB D’ITALIA FU CAMPIONE NAZIONALE DI REGOLARITA’ (parte prima)

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QUANDO IL VESPA CLUB D’ITALIA FU CAMPIONE NAZIONALE DI REGOLARITA’ (parte prima)

QUANDO IL VESPA CLUB D’ITALIA FU CAMPIONE NAZIONALE DI REGOLARITA’ (parte prima)

Di Lanzarini Alessandro 05/02/2021

Come gli appassionati già hanno avuto modo di scoprire, la tradizione dello Sport in Vespa affonda le proprie radici in tempi lontani e nel corso di settanta e più anni essa ha saputo regalare pagine storiche. Vespa appare per la prima volta su un palcoscenico motociclistico internazionale alla “Sei Giorni” del 1948, edizione che si svolge a San Remo e dintorni quando la F.M.I. decide di rilevare l’organizzazione dell’evento dopo che essa era stata affidata alla Cecoslovacchia, rinunciataria a seguito del colpo di stato avvenuto nella primavera di quell’anno.

Con il palcoscenico della Riviera Ligure a un tiro di schioppo, Piaggio sceglie di testare i propri veicoli sullo scenario della prova più importante al mondo nel settore della regolarità, ottenendo un bel risultato grazie alla medaglia d’argento conquistata da Dino Mazzoncini con tre penalità (nei primi quattro giorni ha saputo rimanere a quota zero) e alle due di bronzo di Otello Spadoni e Cipriano Mandelli, mentre gli altri piloti al via - Pierino Opessi, Natale Biasci, Mario Vola ed Ettore Ricciardi - non giungono al traguardo finale.

L’esperienza alla “Sei Giorni” verrà ripetuta da Piaggio quando la manifestazione tornerà in Italia, nel 1951, per disputarsi sulle strade di Lombardia e Piemonte con Varese come sede principale: l’avventura sarà chiusa con lo straordinario risultato di una medaglia d’oro a squadre e nove individuali su dieci concorrenti alla partenza (un record che verrà superato solamente nel 1963 dalla Guzzi, dieci su dieci).

Per conquistare il diritto alla partecipazione, Piaggio deve prendere parte al “Trofeo F.M.I.” di regolarità, indetto per selezionare compagini e macchine che non sfigurino nel confronto con i giganti inglesi e tedeschi. Nel dopoguerra, la Federazione Motociclistica Italiana intuisce la necessità di una nuova linfa che vada a irrobustire il settore sportivo, ormai ridotto a uno sparuto gruppo di piloti privati soprattutto nelle piccole cilindrate: solamente la “chiamata alle armi” delle industrie impegnate nelle due ruote a basso costo può far convergere gli interessi comuni di ampliamento del mercato da una parte e di sviluppo a livello propagandistico dall’altra.

Un campionato nazionale a tutti gli effetti, dunque, da disputarsi su una serie di prove nell’arco della stagione, che nell’anno precedente ha visto il successo della M.V. e stabilisce due classifiche di merito, una per le industrie e l’altra per i Club affiliati. Ovviamente Piaggio gareggia con le proprie insegne nella prima, mentre nell’altra si schiera con la denominazione del Vespa Club d’Italia: macchine e piloti sono gli stessi, pur se distribuiti in maniera diversa nelle varie formazioni.

La prima prova del campionato 1951 - dal 10 al 13 maggio - è lo “Scudo del Sud”, una massacrante maratona nata due anni prima, della durata di quattro giorni con altrettante tappe che portano da Foggia a Cosenza, quindi a Reggio Calabria, Bari e ritorno a Foggia per un totale di 1.835 km (una specie di “Giro dei Tre Mari” ante-litteram) da percorrere - per quanto riguarda la categoria motoscooter 125cc - alla media di 45 kmh. Nel 1950, durante lo svolgimento di questa corsa, ha tragicamente trovato la morte Gastone Castellini, uno dei piloti Vespa, che in una curva finisce sotto le ruote di un camion Lancia Esaro mentre sta tentando di recuperare il tempo perduto a causa di un errore di percorso, con i suoi compagni che vengono richiamati a Pontedera in segno di lutto. Allo “Scudo del Sud”  sono in lizza tre squadre marchiate “Vespa Club d’Italia” con Natale Biasci, Giuseppe Cau e Bruno Romano (Vespa Club A), Pierino Opessi, Carlo Merlo e Romualdo Zubani (Vespa Club B), Ettore Ricciardi, Miro Riva e Alberto Vivaldi (Vespa Club C). Le squadre Piaggio sono invece così formate: Biasci, Cau, Riva (A), Opessi, Merlo, Romano (B), Vivaldi, Zubani, Ivo Granchi (C), Ricciardi, Antonio Pomponio, Angelo Tomasicchio (D) più l’isolato dottor Carlo Prono. I risultati individuali sono discreti: Cau, Opessi, Romano e Riva chiudono a zero penalità, Biasci e Vivaldi con una, Pomponio con tre, Merlo con otto, mentre Carlo Prono, la cui barbetta ottocentesca gli fa riservare grande attenzione da parte del pubblico femminile, è costretto al ritiro per una scivolata sull’asfalto bagnato che gli provoca una frattura (il maltempo infierisce sullo svolgimento della gara praticamente ogni giorno) dopo che il primo giorno ha dovuto correre per quasi seicento chilometri senza l’uso dei freni. Gli altri piloti sono vittime di incidenti (Tomasicchio urta un carro), di stanchezza (Ricciardi) oppure di guasti meccanici (Granchi e Zubani) e non concludono la prova. Il confronto con i rivali della Innocenti è comunque impietoso per quest’ultima: su quindici Lambretta schierate, solamente una conquista la posizione di vertice ex-aequo. Un enorme passo indietro rispetto all’anno precedente, quando gli scooter di Masserini, Tura e Cavalli si erano imposti alla grande.

Nella graduatoria a squadre di società le formazioni Vespa Club seguono MC Cosenza e MC Milano (composta dai piloti della M.V.). La prima esperienza, dunque, offre indicazioni confortanti per il prosieguo della stagione, anche perché l’investimento fatto dall’Azienda, la quale ha appositamente ingaggiato alcuni piloti di rango come Opessi, Merlo, Riva e Romano - che vanno ad aggiungersi agli esperti collaudatori interni - in vista dell’appuntamento di settembre, attende giustamente i frutti desiderati.

Alessandro Lanzarini


* _- Didascalia foto articolo: Alcuni dei piloti Vespa impegnati nello Scudo del Sud edizione 1951: da sinistra Carlo Prono, Giuseppe Cau, Carlo Merlo, Pierino Opessi, Bruno Romano e Natale Biasci. Alle loro spalle, con la tuta bianca, il capomeccanico Loris Gianfaldoni

 

1 - continua


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